A Proposito Di Kamut

Da qualche tempo è in cima a tutte le classifiche: il più chiacchierato, il più venduto, il più caro di tutti. Il Kamut® Fa parte della famiglia dei grani antichi, quelli che nel corso degli anni non hanno subito interventi di selezione da parte dell’uomo. Ma le cose da sapere sul Kamut sono davvero tante.
Partiamo col correggere un equivoco molto comune: Kamut® non è il nome di un grano, bensì un marchio commerciale registrato (proprio come Barilla o Coca-Cola) di proprietà della società americana Kamut International, fondata nel 1990 da Bob Quinn.
Il cereale erroneamente conosciuto sotto questo nome è una sottospecie del Triticum turgidum (grano duro), il triticum turgidum turanicum, un frumento tetraploide con buone proprietà nutrizionali e caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto alla panificazione (i suoi semi sono molto resistenti alla cottura). Una descrizione dettagliata di questo cereale comparve per la prima volta nella letteratura scientifica nel 1921 e sembra che la sua origine sia legata a una regione dell’Iran dove ancora oggi si coltiva e da cui prende il nome generico di grano orientale o grano Khorasan.
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Tutta la produzione del Khorasan venduto sotto il marchio Kamut® è interamente controllata dalla International Kamut®: il frumento viene coltivato negli stati americani del Montana (Stati Uniti), dell’Alberta e del Saskatchewan (Canada) da dove viene poi esportato in vari paesi del mondo, importato e macinato solo da aziende e mulini autorizzati.

Tutti i prodotti che portano questo marchio sono, ovviamente, venduti sotto specifica licenza rilasciata dalla Kamut International.
Una raffinata operazione di marketing quella che ha indotto i consumatori ad associare il nome Kamut al grano Khorasan e a ricercare prodotti di Kamut® piuttosto che prodotti di grano Khorasan o grano orientale, che dir si voglia. In pratica, oggi in Italia qualsiasi agricoltore può coltivare grano orientale, ma non può, per ovvie ragioni, chiamarlo Kamut®. Accade così che il consumatore accorto acquisti al supermercato confezioni di farina di grano orientale prodotta a due passi da casa, mentre chi è ignaro di questi argomenti compra la stessa farina, ma “firmata” Kamut®, a un prezzo decisamente più alto nei negozi di biologico. Quel pacco di farina comprata al negozio biologico è sullo stesso scaffale di altri cibi provenienti dal circuito equo-solidale, ecosostenibili e a Km 0: per arrivare lì la farina di Kamut® ha però attraversato l’oceano!

Si potrebbe obiettare che anche altri prodotti biologici ed ecosostenibili reperibili in questi negozi arrivano da oltremare, basti pensare al caffè o al cacao. È pur vero però che questi prodotti, a causa di specifiche condizioni ambientali, non possono essere coltivati in Italia. Il fortunato monopolio della Kamut International ha fatto leva, in passato, sulla leggenda delle origini egiziane di questo cereale. Si racconta che un pilota americano, subito dopo la seconda guerra mondiale, ritrovò una manciata di semi in un’antica tomba egizia. Approdati nel Montana, i semi vennero piantati da un agricoltore e, miracolosamente, attecchirono. Anni dopo, la preziosa semente arrivò nelle mani della famiglia Quinn che ne fece una coltivazione fruttuosa. Bob Quinn decise di rendere quel fortunato cereale riconoscibile associandolo a un nome egizio. Fu così che nel 1990, dopo avere consultato un dizionario di geroglifici egizi, Quinn registrò il nome Kamut. 

Questa suggestiva leggenda è quasi sicuramente un’invenzione. Oggi sappiamo che il Khorasan è originario della fascia compresa tra l’Anatolia e l’Altopiano iranico. Da lì poi si diffuse in tutto il Mediterraneo orientale dove è sopravvissuto grazie alla produzione di piccole aziende. D’altro canto, la germinabilità del frumento decade dopo qualche decennio ed è pertanto improbabile che dei semi possano attecchire dopo millenni, come la leggenda vorrebbe far credere. Pur non di meno, questa fantasiosa invenzione servì all’inizio per stimolare l’interesse verso qualcosa di antico, puro e incontaminato. Oggi la Kamut International prende le distanze da questa storia e giustifica l’utilizzo del marchio con la necessità di fornire maggiori garanzie ai consumatori: i loro prodotti contengono l’antica e pura varietà di grano Khorasan, coltivato secondo i metodi dell’agricoltura biologica e con standard di alta qualità.

Occupiamoci infine degli aspetti che riguardano l’utilizzo di questo cereale nella dieta. Confrontando i valori nutrizionali del Khorasan con quelli del grano duro, saltano all’occhio alcune differenze. Il grano Khorasan possiede, rispetto al grano duro, un più alto contenuto di proteine e grassi, nonché una più bassa percentuale di carboidrati. Attenti però a non cadere nell’errore di credere che una minore quantità di carboidrati renda gli alimenti a base di Khorasan meno energetici. È vero anzi che l’aumentata percentuale di grassi provoca un aumento totale delle calorie. Proprio per questo motivo il consumo di questo tipo di frumento è consigliato per le persone che praticano sport o hanno una vita particolarmente attiva. Anche gli indici glicemici sono diversi: quello del grano tradizionale si attesta intorno agli 85 punti, quello del Khorasan intorno ai 45. Ciò rende questo cereale particolarmente adatto alle diete ipoglicemiche. Notevole, rispetto al grano duro, è anche l’apporto di vitamina E, selenio, zinco e magnesio. Di contro però il Khorasan contiene, rispetto al normale frumento, una percentuale davvero esigua di fibre e, soprattutto, una maggiore percentuale di gliadine (proteine del glutine), cosa che lo rende assolutamente inadatto ai celiaci.

Da “Il Giornale del Cibo”

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