Come si fa il Negroni? La ricetta e la vera storia

Un bartender sulle tracce del conte Negroni, fra mito e leggenda, alla ricerca delle origini del drink più aristocratico del mondo

Se fosse un drink, la ricetta sarebbe un terzo di cultura, un terzo di curiosità e un terzo di tenacia. È Luca Picchi, il bar manager dello storico Caffè Rivoire di Firenze, che si è messo sulle tracce dell’origine del Negroni cocktail, per smentire che l’attribuzione di paternità all’omonimo conte fosse solo leggenda. Dopo anni di ricerche, Picchi ha messo nero su bianco queste sue scoperte, con il libro edito da Giunti, “Negroni cocktail, una leggenda italiana”. Così, come l’indagine di un “cold case” di altri tempi, il bartender toscano ha setacciato archivi e biblioteche, ha frequentato cimiteri di Firenze e provincia, fino a trovare la pista giusta e ricostruire la vera storia del conte Camillo Negroni e del cocktail a lui intitolato.

Ebbene sì, il conte è esistito davvero, vissuto fra gli Stati Uniti (e nella fattispecie per un periodo ha vissuto a New York, al tempo della Golden Age of Cocktails) e Firenze, dove è nato nel 1868 ed è tornato dopo l’esilio americano nel 1912, per morire nel 1934. Non ci si stupirebbe se su di lui facessero un film: rampollo agiato, quanto agitato, Negroni è stato cowboy, maestro di scherma, giocatore d’azzardo e frequentatore tanto di salotti, quanto di bar di ogni tipo, dal Grand Hotel alla Drogheria Casoni. Ed è proprio in quest’ultimo che la leggenda racconta che il conte abbia dettato a Fosco Scarselli, il suo barista di fiducia, in un giorno imprecisato fra 1917 e 1920, la ricetta del Negroni: un terzo di vermouth rosso, un terzo di bitter e un terzo di gin.
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Non sappiamo come sia morto il conte, ma non stupirebbe se fosse stato tradito dal suo fegato. Fra i documenti rinvenuti da Picchi, una lettera con la raccomandazione di non bere più di 20 Negroni al giorno, oltre alla testimonianza in un’intervista del ’62 dello stesso Fosco Scarselli che affermava: “Il conte era un gran bevitore. C’erano dei giorni che riusciva a inghiottire anche quaranta drink, eppure non lo vidi mai ubriaco”. A discolpa del conte, si ritiene che la dimensione di tali drink non fosse quella di un tumbler, il bicchiere in cui siamo abituati a vederlo oggigiorno, quanto più verosimilmente un calicino da cordiale.

Con gli anni, non sono cambiati solo i bicchieri per il servizio, ma le modifiche (i twist, come li chiamano gli addetti ai lavori) al cocktail Negroni si sprecano. Luca Picchi ha sapientemente ripercorso tutti gli elementi di un buon Negroni e ha chiamato a raccolta amici e colleghi, per una carrellata di twist, con relative ricette.

Tuttavia, anche quella ricetta così semplice, “un terzo, un terzo, un terzo”, non è così scontata. «L’unica costante – spiega Picchi – è il Campari, ovvero il bitter, mentre sia il sapore del vermouth che del gin dipende fortemente dai botanical con cui sono aromatizzati. Bisogna assaggiarli e decidere come bilanciarli, per ottenere l’equilibrio più appropriato a esaltare i loro profumi». E non può mancare il personale twist di Picchi, il Negroni Insolito, che propone un passaggio in un colino con chicchi di caffè, che rilasciano il loro sentore al drink e ben si accompagnano a una scorzetta d’arancia.
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Ricetta Negroni

30 ml Gordon’s Gin
30 ml Bitter Campari
30 ml Martini Riserva Speciale rubino
splash di Club soda (optional)

Raffreddare il bicchiere (tumbler) con cubetti o tagli di ghiaccio pieni, eliminando l’acqua con lo strainer o passino, dosare gli ingredienti direttamente nel bicchiere con il jigger, mescolare con il barspoon e servire con una fetta d’arancia.

Negroni insolito

15 ml Oxeley Gin
15 ml Bitter Campari
15 ml Americano Cocchi
10 ml China Clementi
gocce di Orange Bitter
chicchi di caffè
Raffreddare sia un bicchiere da cocktail che un mixing glass con cubetti o tagli di ghiaccio pieni, eliminando l’acqua con lo strainer o passino; dosare gli ingredienti liquidi con il jigger nel mixing glass e far passare il drink 3 o 4 volte in un colino con chicchi di caffè appena tostati. Con questa tecnica, denominata percolazione, i chicchi rilasciano un leggero aroma al drink. Infine versare dal mixing glass al bicchiere con lo strainer e servire con scorza d’arancia.

Fonte: lacucinaitaliana.it

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