Pizzoccheri

Secondo il Sertoli Salis il termine pizzoccheri, il cui nome costituirebbe l’equivalente di pinzocheri, indicherebbe “persone bacchettone”, di poco conto. Più che di modestia si tratta certamente di una certa inclinazione all’uso di nomi scherzosi come lo è ad esempio il termine sciatt, che per l’originaria forma sgraziata di queste frittelle di grano saraceno, sta ad indicare, nel dialetto locale, i rospi. Ma da quando i tellini mangiano questi gustosissimi pizzoccheri?

Valtellina

Valtellina

Secondo Giuseppe Baretta, ricercatore della Biblioteca Nazionale Braidense, i “PINZOCHERI, oggi chiamati pizzoccheri fatti con il grano saraceno già si gustavano ai tempi della Meluzza, che fu l’inventrice, una donna che di cucina la sapeva lunga.
I comaschi non erano solo la gente di Como e d’intorni, ma dir comaschi voleva dire tutta la popolazione del lago fin su la Valtellina, dove si estendeva la diocesi comasca.
Il grano saraceno veniva dunque usato nella cucina già dal secolo XIV, assieme agli altri cereali: miglio, orzo, panico, avena.
La Meluzza diede a questo cereale più gusto aggiungendovi cacio, burro, verdure. Oltre ai pizzoccheri ecco la polenta taragna fatta anch’essa con il grano saraceno, senz’altro ancor prima dei pizzoccheri. Patria dei pizzoccheri l’alta Valtellina, con capitale Teglio.”

Teglio

Teglio

La storia testimonia infatti che nel 1192 l’imperatore Enrico VI impose a Teglio l’ubbidienza alla ghibellina Como. I secoli che succeddettero, sino ad arrivare al trattato di Alleanza con i Grigioni nel 1512, furono un susseguirsi di domini: ora i guelfi di Milano, ora i ghibellini comaschi. Ricordiamo che ancora oggi la Valtellina è sotto l’arcivescovado di Como. Altra notizia storica da non sottovalutare è naturalmente la visita di Ortensio Lando presso la famiglia Besta di Teglio nel 1500. Si suppone quindi che in quella occasione degustò i famosi pizzoccheri di Teglio.
Nell’approfondito studio effettuato dalla Professoressa Nella Credaro Porta (Mondo Popolare in Sondrio, Lombardia, e il suo Territorio) troviamo numerosi altri documenti che fanno riferimento a questa pietanza.
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Nel 1798 nella opera di Lehmann “Die Republik Graubunden”, che quindi riguarda l’area dei Grigioni, di cui la Valtellina era parte, con un preciso riferimento alla Ns zona troviamo:

(…) il contadino benestante vive bene. Consuma infatti i prodotti della sua terra. Latte, formaggio e burro sono serviti ogni giorno in abbondanza.
La polenta, il Malonz , la zuppa di formaggio, i Perzockel, la Minestra e il Tasch sono i suoi piatti preferiti per il giorno di magro.(…) I “Perzockel” sono una sorta di tagliatelle fatte di farina e di due uova.
La pasta vien cotta nell’acqua, poi si aggiunge il burro e si sparge subito il formaggio grattato.(…)
Anche nella seconda metà dell’800 vi son testi che parlano dei pizzoccheri:

(…) Vi si fa gran d’uso di farinacei e di certe paste grossolane che si cospergono con butirro e formaggio a guisa di tagliatelli, dette Pizzoccheri, delle quali vanno assai ghiotti i Sondriesi (…)

Le notizie più precise relative ai Pizzoccheri di Teglio le riscontriamo nel 1889 con Bartolommeo Besta, medico condotto tellino, attraverso il suo manoscritto “la inchiesta Jacini” (Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola nel 1882).
Attraverso la sua testimonianza, perciò, possiamo individuare un modello di alimentazione dei produttori agricoli delle nostre valli. Sistema di approvigionamento che è basato sull’autoconsumo dei propri prodotti. Secondo il Besta i 3 piatti che come ingrediente base avevano il grano saraceno erano:

(…) “Tagliatelli, detti Pizzoccheri, bolliti nell’acqua e poi conditi asciutti con buona dose di cacio e di burro, la polenta taragnia e gli sciatt o chiscioi” (…)
Queste venivano inoltre considerate delle speciali pietanze.

Pizzoccheri, steps

Pizzoccheri, steps


Sempre secondo la Professoressa Nella Credaro Porta “I PIZZOCCHERI sono stati e sono il piatto più importante della zona che va da Grosio a Castione, con epicentro a Teglio, ed era anche un piatto non dei contadini più poveri, in quanto presupponeva la lavorazione su un tavolo, che non sempre esisteva nelle case modeste. Si tratta di tagliatelle grossolane di farina bianca e di grano saraceno in parti che variano a seconda dei paesi. Cotti in abbondante acqua salata in cui sono poste patate o verze e/o coste a pezzi, i pizzoccheri vengono scolati con il mestolo bucato e conditi a strati con il formaggio semigrasso a fette, formaggio di grana e sopra burro abbondante fitto ben scuro con aglio (…)”

I contadini più poveri, per ovviare all’ inconveniente di non possedere il tavolo per tirare la sfoglia, preparavano la pasta come per i pizzoccheri, ne prendevano tra le mani dei pezzettini e davano la forma di gnocchetti con il cucchiaio e quindi li cuocevano e condivano come i pizzoccheri.

Ingredienti (dosi per 4 persone)

400 g di farina di grano saraceno
100 g di farina bianca
200 g di burro
250 g di formaggio Valtellina Casera dop
150 g di formaggio in grana da grattugia
200 g di verze
250 g di patate
uno spicchio di aglio, pepe
pizzoccheri
Preparazione:

Mescolare le due farine, impastarle con acqua e lavorare per circa 5 minuti.
Con il mattarello tirare la sfoglia fino ad uno spessore di 2-3 millimetri dalla quale si ricavano delle fasce di 7-8 centimetri. Sovrapporre le fasce e tagliarle nel senso della larghezza, ottenendo delle tagliatelle larghe circa 5 millimetri.

Cuocere le verdure in acqua salata, le verze a piccoli pezzi e le patate a tocchetti, unire i pizzoccheri dopo 5 minuti (le patate sono sempre presenti, mentre le verze possono essere sostituite, a secondo delle stagioni, con coste o fagiolini).

Dopo una decina di minuti raccogliere i pizzocheri con la schiumarola e versarne una parte in una teglia ben calda, cospargere con formaggio di grana grattugiato e Valtellina Casera dop a scaglie, proseguire alternando pizzoccheri e formaggio.
Friggere il burro con l’aglio lasciandolo colorire per bene, prima di versarlo sui pizzoccheri.
Senza mescolare servire i pizzoccheri bollenti con una spruzzata di pepe.

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