Salsa Peverada
La salsa peverada era l’antica salsa preparata dai patrizi veneziani per accompagnare la cacciagione (lepri e fagiani), mentre nelle case dei contadini, ai quali era vietata la caccia, veniva usata per coniglio e faraona al forno. L’antica tradizione continua.
Una curiosità su questa salsa a base di pepe.
Pevarade, peara o pearà e parenti pepate varie sembrano aver origine nel Medioevo Longobardo.
La povera Rosmunda, costretta dal truce re Alboino a bere nel teschio paterno, cadde in tale stato depressivo da perdere del tutto l’appetito. Almeno finché un cuoco di corte non la ”guarì” con il sapore forte e deciso di una salsa al pepe come queste descritte oggi.
Ingredienti
400 g di fegatini di faraona e di pollo
100 g di soppressa veneta o, in mancanza, salame o salsiccia fresca
3 filetti di acciuga
prezzemolo
1 limone grattugiato
2 spicchi d’aglio tritato
1 manciata di grana padano grattugiato
1 manciata di pangrattato
Abbondante pepe nero macinato
Olio extravergine di oliva
1 cucchiaio di aceto o 1/2 limone
Preparazione
Rosolate lo spicchio d’aglio tritato; aggiungete un trito con i fegatini, la soppressa, il prezzemolo, l’altro spicchio d’aglio tritato, la buccia del limone grattugiata e le acciughe a pezzettini. Rendete il tutto omogeneo con un po’ di grana e pangrattato, aggiustate di sale, aggiungete il pepe e cuocete per qualche minuto. A fine cottura insaporite con l’aceto o, se preferite, con 1/2 limone spremuto. La salsa avrà la consistenza di un ragù scuro a grana media.
Si accompagna a carni arrosto, bollite.
Variazioni regionali sulla salsa peverada
Molto in breve, a Verona la peverada si prepara col midollo di bue, il pangrattato, un buon brodo di carne e parecchio pepe. Si chiama ”peara” (=”pepata”) ed è la salsa regina per il bollito misto scaligero, vera istituzione della cucina casalinga. Per cuocerla come si deve occorre un paio d’ore e l’esito finale è una crema ottima da accompagnare alle carni lesse.
Cremosità che contraddistingue anche la peverada trentina, simile alla precedente ma guai a confonderle! Offesi da questa similitudine, i trentini potrebbero non farvela assaggiare. In teoria, è più semplice della peverada veronese: pangrattato, un brodo leggero, cipolla, aglio e del Grana Trentino e avrete una consistenza morbida. Ottima con la ”luganega” (salsiccia) o anche a insaporire l’onnipresente polenta gialla.
Spostandoci più a est, verso Treviso, incontriamo appunto la peverada trevigiana. Questo è il regno degli animali da corte, e la salsa troverà la sua origine nei loro fegatini (anche d’anatra, di faraona, ecc.). Sposerà bene per lo più con gli arrosti bianchi importanti.
A Padova una curiosa versione a base (anche) di peperoni e acciughe.
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